Scrissi questa poesia esattamente due anni fa, il 2 dicembre 2016. Voglio condividerla e accompagnarla con questo stupendo paragrafo di Nietzsche. Poiché nata priva di titolo, la chiamerò con il nome di un grande, recente amico, al quale è dedicata.
“Io curai me stesso, io mi risanai. […] Così mi realmente mi appare ora quel lungo periodo di malattia: io scopersi quasi nuovamente la vita, me compreso; io gustai tutte le cose buone, anche le piccine, come altri difficilmente potrebbe gustarle, io feci della mia volontà d’esser sano, di vivere, la mia filosofia. […] Fu proprio negli anni della mia più debole vitalità che cessai di essere pessimista: il bisogno istintivo di ristabilire me stesso, mi strappò alla filosofia della miseria e dello scoraggiamento. E da ciò si riconosce, in fondo la bontà della nascita!” — F. Nietsche (Ecce homo)
Non so cosa mi manchi,
forse una mano amica sulla spalla.
Ho solo molecole, libri, emozioni ideali.
Ho i miei mali, tetri che trucidano e tritano
non la carne, l’anima.
Ho un vuoto dentro,
un’aura nera di morte e un
vortice che mi spezzetta.
Sono nella tromba di un ascensore
giù come una saetta
vorticosamente
senza fine
senza toccare il suolo
e vedo le lucine piccoline dei piani
che passano, volano, passano.
Parole importanti.👍❣️
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